Quattordici ristoranti in una via? E’ possibile un modello di sviluppo turistico di questo tipo per una città? Dall’esempio del “boom” della movida in via Santa Filomena a Catania ha preso il via la riflessione su “Il Tempo Futuro della città: per uno sviluppo turistico a misura umana”, l’incontro promosso dal progetto ENISIE, finanziato dal programma Interreg Italia Malta, che si è svolto questa mattina al FIL Fest Festival della felicità Interna Lorda in corso a Catania. Da Venezia a Catania, esempi e modelli per immaginare uno sviluppo sostenibile nel dibattito moderato da Rosario Sapienza che ha coinvolto Giampietro Pizzo, Andreina Visconti, Francesco Erbani, Ciccio Mannino, Antonio Perdichizzi. “A Venezia non c’è il problema delle auto – spiega Andreina Visconti, architetto che da anni vive e lavora a Venezia – ma quello dell’enorme afflusso turistico che non è regolamentato per creare un turismo di qualità. Un turismo che possa fruire di tutta la città, anche delle parti nascoste. C’è però il problema dei numeri che forse stanno diventando insostenibili. Una programmazione potrebbe aiutarci e pensare a una residenzialità diversa e più simile al passato che eviti un progressivo espatrio dei residenti. Agli abitanti dei centri storici di tutte le città, farei questa domanda: quanto siamo disposti a perdere di comodità per poter vivere la città in maniera più sostenibile e corretta? Una domanda anche e soprattutto per la Sicilia”.
Per Giampietro Pizzo, presidente di Microfinanza e tra i fondatori di Venezia Cambia, “Il turismo è una industria “pesante” che standardizza, omologa e agisce in un tempo “breve”. Ma esiste un’alternativa al “turismo miniera” che offre denaro immediato? Potremmo immaginare città come Venezia se all’improvviso non vi fosse più il turismo? Che capacità avrebbe di produrre ricchezza se si svuotata di altre forme di economia e dei veri meccanismi di rappresentanza? Ecco per la crescita di una città, che è un luogo in cui tutti noi costruiamo le nostre esistenze, occorrono politiche di programmazione con il coinvolgimento e la partecipazione, non si può lasciare tutto al mercato, perché questo ha un orizzonte “miope” soltanto speculativo”.
Un punto da cui partire lo suggerisce Francesco Erbani, giornalista di La Repubblica: “Riutilizzare gli spazi urbani dimessi, ex luoghi industriali, capannoni – dice – è una questione centrale per tutte le città. Possono essere utilizzati per profitti a breve, venduti o affittati o possono diventare delle occasioni per avviare lavori, attività laboratoriali, culturali, sociali, possono essere il luogo da cui possono ripartire le città. Ma le amministrazioni pubbliche in generale non sono pronte ad avviare un percorso di questo tipo: tranne poche eccezioni non hanno la lungimiranza per progettare soluzioni che a lunga scadenza che possono dare profitti di carattere generale dal punto di vista culturale e sociale”. Ed è quasi doveroso il riferimento, visto che una delle location del FIL Fest 2018 è la Città della Scienza dell’Università di Catania, realizzata all’interno di una vecchia fabbrica.
“Sugli spazi urbani, per Ciccio Mannino, presidente di Officine Culturali, “ci sono ancora molti problema da parte di chi deve prendere le decisioni. E’ pur vero che il turismo culturale in Italia muove 15 miliardi di euro (dati Banca d’Italia) e anche in Sicilia ci sono città più avanzate di Catania. Per esempio, Noto che sta vivendo un fenomeno contraddittorio: conta un milione di visite all’anno e ciò sta spaventando i residenti e tutti coloro che hanno di recente acquistato casa e la immaginavano come città vivibile. Il turismo culturale in Sicilia è il quarto mito industriale. Sta modificando, tra le atre cosse, anche l’indirizzo dei fondi pubblici. Ma il punto è la pianificazione, possibilmente partecipata degli utenti e tutti coloro che hanno interesse nei luoghi, a cominciare da chi li vive. Per evitare che intere zone si spopolino o vengano estromessi gli abitanti storici. Ci vuole un processo condiviso”. Per Antonio Perdichizzi, ceo di Tree, “innovazione e turismo sono un binomio interessante. Il turismo è un’industria sempre all’avanguardia, ma non basta la politica per ridisegnare il futuro di una città. In generale, occorre una sintesi tra la somma degli interessi singoli che bisogna armonizzare con quelli collettivi”.