Le conversazioni continuano ad avere un côté misterioso. Sappiamo sempre chi abbiamo invitato e sappiamo dove si svolgeranno ma non sappiamo mai chi alla fine interverrà né, soprattutto, dove la conversazione ci porterà.
Certo è che la quantità di fili che si dipanano fin dall’inizio delle conversazioni è catartico ed è capace di condurre in luoghi mentali altri rispetto ai punti di partenza.
Stavolta, in occasione del nostro terzo appuntamento da Open – Creative Work Space lo scorso 6 ottobre, abbiamo esplorato dimensioni molto personali di chi, nell’abbinare il Tempo alla lentezza, ha trovato il proprio antidoto all’ansia e il viatico per la felicità e chi, invece, è stata costretta ad accelerare e correre scappando da un paese che implodeva.
Ci siamo resi conto che spesso il proprio Tempo è connesso a quel che facciamo, alle nostre attività, al nostro lavoro. Così capiamo che, per chi si occupa di sostenibilità, il Tempo è centrale, non ce n’è da perdere e capiamo pure che il Tempo può essere scandito dalle fioriture, rimbalzando da un fiore all’altro. Ci stupiamo ancora della bellezza dell’ovvietà della natura e questo, in realtà, ci fa star bene.
Qualcuno ci ha fatto riflettere sul fatto che il Tempo è una dimensione: lo spazio del Tempo, bisogna trovare lo spazio per avere il Tempo. Questo ci spedisce dritti a pensare che gli attimi siano la dimensione personale del Tempo, che invece è e resta un bene pubblico.
L’accostamento fra Tempo ed età della vita si fa largo più volte: da chi connette la propria età con la professione e la realizzazione trovando che la propria felicità stia proprio lì in mezzo a chi fa dipendere la corsa quotidiana per recuperare tempo dalla giovinezza perché da giovani si vorrebbe fare tantissimo, poi, crescendo, si impara a scremare e solo allora si può senza frustrazione rallentare. Ci si chiede se il diritto a parlare del tempo sia di tutti o se qualcuno sia più titolato: forse solo gli anziani hanno capacità esperienziale sufficiente a discettare sull’argomento. Ma risolviamo con un “no”, dialogo e confronto emergono essere decisamente più proficui e d’ispirazione.
Il filosofeggiare ci fa prendere un’altra via mentale interessante perché ci conduce verso l’umanizzazione: il tempo passa e le epoche muoiono, l’essere umano non può che trapassare ma sempre con il desiderio di oltrepassare che, così inteso, non è più l’ambizione del megalomane ma un’esigenza umana, tremendamente umana.
A questa conversazione hanno partecipato:
Maya Finger – Financial and Environmental Risk Manager
Paola Greco – Regista e pittrice, oltre che squisita ospite proprietaria di Open che ha ospitato questa terza conversazione
Giorgia Franzò – Senior Researcher presso l’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi dell’Università di Catania
Marco Giurato – Filosofo, scrittore e insegnante
Gabriella Marra – Architetto e insegnante
Julia Karapova – Erborista
Luisa Tuttolomondo – Sociologa Urbana e Presidente dell’associazione Sguardi Urbani
Angela Solaro – Sociologa
Simona Cavalli – Architetto e insegnante
Erica Donzella – Editor e scrittrice
Rossella Caponetto – Ingegnere e insegnante
Filippo Arcidiacono – Redattore freelance
E i soliti 3 hubber fulminati dal FIL Fest: Manuela Trovato, Clo Notarbartolo e Rosario Sapienza.
E la prossima conversazione, la #04? Presto i dettagli di luogo e orario. Stay tuned!