In attesa del FIL Fest – Festival della Felicità interna Lorda, continua il percorso di avvicinamento al momento in cui si svolgerà il clou dell’evento che dal 2013 vuole riflettere a maglie larghe sul concetto di Felicità Interna Lorda. Il tema che in questa quarta edizione del FIL Fest si interseca con la Felicità è il Tempo.
Proseguono le tappe di riflessione collettiva su felicità e tempo e la co-progettazione del programma, insieme a persone affini e portatrici di punti di vista stimolati. La seconda Conversazione si è tenuta mercoledì scorso nel salone intimo ed accogliente della Libreria Vicolo Stretto di Catania. Un bel cerchio di invitati interessanti: la libraia Maria Carmela Sciacca, l’architetto-artigiano Marco Terranova, la poliedrica signora Santina Zafarana, Davide Ruffino, il professore di filosofia Marco Giurato, l’informatico Fabio Arceri, l’avvocatessa ed attivista Viola Sorbello, l’italianista e professore Dario Stazzone, l’imprenditore nomade digitale Trent Zummallen, la ricercatrice Maya Finger, l’architetto Gabriella Marra, la studentessa Giulia Sgroi, insieme agli hubber Manuela Trovato, Maria Clotilde Notarbartolo e all’addetto stampa del FIL Gianluca Reale.
Anche questa volta abbiamo riflettuto insieme su cosa del Tempo ci rende felici e cosa, invece, infelici e su come possiamo migliorare il nostro rapporto con il Tempo.
Dalla riflessione emerge che a renderci felici è prendere ciò che arriva nel presente, considerando la felicità relazionata al valore che diamo alle attività che realizziamo e per le quali dedichiamo il nostro tempo. Ancora una volta si è parlato di tempo soggettivo, lasciando fuori il tempo oggettivo delle galassie. Citando Einstein il tempo è visto ciclicamente, connesso alle nostre percezioni e ai sentimenti che proviamo vivendo.
C’è stato anche chi ha legato il tema all’angoscia esistenziale del perdere la propria presenza sulla terra, chi considera questo binomio frutto della cultura “occidentale” in cui viviamo legata alla performance, al fare e alla cultura industriale orientata alle risorse finite.
Si è proseguito considerando l’attuale tempo virtuale non come dimensione parallela alla nostra esistenza ma come insieme di istanti che si sommano a ciò che si vive nella realtà, oberandoci di informazioni e compiti anziché liberarci da incombenze. C’è chi inoltre vive il proprio tempo considerandolo una risorsa infinita, non un limite e pertanto adotta un mantra per ricordarsi ogni mattina la fortuna di disporre di tempo abbondante.
Alla seconda domanda – come possiamo migliorare il nostro rapporto con il tempo? – ognuno racconta il proprio modo personale ed unico di relazionarsi con il tempo.
C’è chi suggerisce di iniziare accettando la sua finitezza, c’è chi trova strategia nell’ottimizzazione della relazione con il tempo dedicandosi prevalentemente a compiti e obiettivi che si ha piacere di perseguire. C’è chi ci suggerisce di ritornare ad una dimensione rituale del tempo scandito da cicli della natura e non solo dai tempi della produzione industriale. Si ritorna alle peculiarità del tempo vissuto nel sud Europa scandito dall’agire lento, o alla specificità del tempo agricolo dettato dai soli ritmi della natura.
Altri rifuggono nel tempo del mito e auspicano un ritorno a pratiche rituali che scandiscano l’umano scorrere temporale.
Anche questa volta abbiamo chiesto ai nostri interlocutori consigli e suggerimenti su come esplorare il binomio Felicità/Tempo all’interno del FIL Fest 2018.
Riecheggia più volte nell’aria il bisogno di rituali coreutico musicali in risposta alla crisi della presenza e in maniera discreta si bisbiglia il nome di Ernesto de Martino e si sussurra timidamente il nome di Ignazio Buttitta.
Si parla di spazi di gioco condivisi, alimentati dalla certezza che mentre gli adulti vivono condizionati dal passato cercando di modificare il futuro, sono i bambini a riportarci al momento presente e forse proprio spazi di gioco intergenerazionali potrebbero aiutarci a rimanere nello spensierato qui ed ora. Forse un workshop sulla gestione del tempo ci aiuterebbe?
Tutti concordano sull’inserimento di riti condivisi, di tavole imbandite e co-costruzione colorata del presente grigio, evocano ambientazioni messicane e altarini adornati, il fare insieme di tradizioni lontane, le cerimonie che scandiscono il passare del tempo e il bisogno di lasciare un ricordo indelebile dopo la nostra morte. Quasi come se fosse lo stesso Festival a garantire a noi umani la persistenza della memoria nel tempo.
Felici e grati per la stupenda conversazione avuta, ci prendiamo del tempo per assimilare e digerire quanto emerso e per poi costruire il programma del Festival che sarà ultimato a settembre dopo la conversazione sulla felicità di fine estate.
Restate sintonizzati…